Sant'Antonio Abate

17 gennaio - Memoria - Alto Egitto, c. 250 - 356

Celebrazione: terza domenica di gennaio, messa con benedizione del sale e incanto dei doni

Etimologia: Antonio = nato prima, o che fa fronte ai suoi avversari, dal greco
Patronato: Eremiti, Monaci, Canestrai
Emblema: Bastone pastorale, Maiale, Campana, Croce a T
Antonio abate è uno dei più illustri eremiti della storia della Chiesa.Nato a Come, nel cuore dell'Egitto, intorno al 250, a vent'anni abbandonò ogni cosa per vivere dapprima in una plaga deserta e poi sulle rive del Mar Rosso, dove condusse vita anacoretica per più di 80 anni: morì, infatti, ultracentenario nel 356.Già in vita accorrevano da lui, attratti dalla fama di santità, pellegrini e bisognosi di tutto l'Oriente. Anche Costantino e i suoi figli ne cercarono il consiglio. La sua vicenda è raccontata da un discepolo, sant'Atanasio, che contribuì a farne conoscere l'esempio in tutta la Chiesa.Per due volte lasciò il suo romitaggio.La prima per confortare i cristiani di Alessandria perseguitati da Massimino Daia.La seconda, su invito di Atanasio, per esortarli alla fedeltà verso il Concilio di Nicea.Nell'iconografia è raffigurato circondato da donne procaci (simbolo delle tentazioni) o animali domestici (come il maiale), di cui è popolare protettore. (Avvenire) Il monaco più illustre della Chiesa antica, morto ultra centenario (250-356), ci è pervenuto uno dei più begli esempi di biografia. Ne è autore S. Atanasio, che di Antonio era amico e zelante discepolo. Il biografo non ha trascurato alcun particolare che potesse illuminare sulla personalità, le abitudini, il carattere, le opere e il pensiero del caposcuola del monachesimo.Nato a Come nel cuore dell'Egitto, a vent'anni Antonio aveva abbandonato ogni cosa per seguire alla lettera il consiglio di Gesù: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi ciò che hai...". Si rifugiò dapprima in una plaga deserta e inospitale tra antiche tombe abbandonate e poi sulle rive del Mar Rosso, dove condusse per ottant'anni vita di anacoreta. L'esperienza del "deserto", in senso reale o figurato, è ormai un metodo di vita ascetica, fatto di austerità, di sacrificio e di estrema solitudine: S. Antonio, se non l'iniziatore, ne fu l'esempio più insigne e stimolante. Infatti, pur non avendo redatto alcuna regola di vita monastica o aver incoraggiato altri a seguirlo nel deserto, Antonio esercitò un grande influsso dapprima tra i suoi conterranei, e poi in tutta la Chiesa. Il richiamo della sua straordinaria avventura spirituale, pur in assenza dei mass media e delle rapide comunicazioni moderne, si propagò a tal punto che da tutto l'Oriente monaci, pellegrini, sacerdoti, vescovi, e anche infermi e bisognosi, accorrevano a lui per ricevere consigli o conforto.Lo stesso Costantino e i suoi figli si mantennero in contatto con il santo anacoreta. Pur prediligendo la solitudine e il silenzio, Antonio non si sottrasse ai suoi obblighi di cristiano impegnato a riversare sugli altri i doni con cui Dio aveva ricolmato la sua anima: due volte egli lasciò il suo eremitaggio per recarsi ad Alessandria, sapendo che la sua presenza avrebbe infuso coraggio ai cristiani perseguitati da Massimino Daia. La seconda volta vi si recò dietro invito di S. Atanasio, per esortare i cristiani a mantenersi fedeli alla dottrina sancita nel concilio di Nicea (325).Non è possibile parlare di questo illuminato "contestatore" senza accennare alle tentazioni che turbarono la sua solitudine nel deserto e che fornirono a pittori come Domenico Morelli il pretesto per ritrarlo tra donne procaci: S. Antonio fu infatti bersaglio di molteplici tentazioni del maligno che gli appariva sotto sembianze angeliche, umane e bestiali.Questo santo umanissimo, pur nell'austera immagine dell'anacoreta, è veneratissimo come protettore degli animali domestici, umile ruolo che lo rende tuttora popolare ed amato. Autore: Piero Bargellini
[ Fonti: www.santibeati.it ]